FilmUP.com > Forum > Tutto Cinema - 2001-A Space Odyssey(Bowman,ecco dove filosofeggiare)
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Autore 2001-A Space Odyssey(Bowman,ecco dove filosofeggiare)
Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 10-02-2007 09:26  
quote:
In data 2007-02-09 22:01, claudia07 scrive:
Visto che è stato criticato il tuo avantar (nel topic apposito), Schizobis mi dici chi o cosa rappresenta?




rappresenta il mitico Jack Nance nel film di Lynch Eraserhead

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Velvetone

Reg.: 20 Nov 2006
Messaggi: 604
Da: milano (MI)
Inviato: 04-03-2007 16:28  
Arte pura. Da godere lentamente.

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grouchorm

Reg.: 05 Mar 2007
Messaggi: 28
Da: Roma (RM)
Inviato: 05-03-2007 20:23  
la filosofia fatta cinema, il cinema che diventa puro pensiero. Oltre...
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Don't dream it, be it...

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 27-06-2008 11:53  
"2001 - Odissea nello Spazio": la religione utopica


Secondo me credere che 2001 - Odissea nello Spazio di S. Kubrick sia semplicemente un film di Fantascienza riduce fortemente le potenzialità di questa pellicola, che a parer mio può tranquillamente uscire dal "seminato" cinematografico per andare a configurarsi come una delle più grandi opere artistiche del Novecento, capace com'è di porre dilemmi, quesiti, senza tuttavia ostentare presuntuosamente un seppur minimo barlume di risposta certa.

Innanzitutto credo che sia opportuno cercare di distinguere fra la Fantascienza vera e propria e l'arte utopica.

La Fantascienza, sia pure narrativa o in forma di fumetto (che, come è noto, proprio dall'avento del Cinema, si può dire negli anni Trenta, ma anche e soprattutto dai Settanta, stagione fresca fresca per questo genere, grazie proprio all'imput fornito dal film di Kubrick, rimangono pur sempre in posizione di subordinazione rispetto alla Settima arte, la quale è il tramite migliore per fornire "un'estetica in movimento", la materializzazione a trecentosessanta gradi delle paure e degli sopazi inconsci dell'uomo), è caratterizzata diffusamente dai caratteri dell'immanenza, conceto meta-filosofico che può comprendersi essenzialmente contrapponendolo aquello della trascendenza. La Fantascienza si è spesso premurata di verificare, di materializzare - e non al contrario, di smaterializzare o di scomporre - delle idee, dei concetti che difficilmente possono tradursi in immagine. Spesso e volentieri accade che questo genere (narrativo, ma soprattutto cinematografico) si ricavi lo scopo di dare una risposta, piuttosto che solamente di creare dei quesiti da lasciare all'autonoma interpretazione di chi fruisce il prodotto. La Fantascienza, intesa come materializzazione dell'immanenza, tenta di dare risposte sui problemi ai quali la società ad essa contemporanea (come abbiamo già detto, principalmente gli anni Trenta e gli anni Settanta) tende ad affacciarsi. Nei primi anni Trenta si tratta dell'incubo della tecnologia, dell'imperialismo e del potere di industrie sempre più voraci che rischiano di distruggere e di annientare la dignità umana. Concetti che Charlie Chaplin ha saputo descrivere con altrettanta maestria attraverso la comicità, la sola mimica del corpo e del volto, nella commedia amara. Ma che non può trascurarsi che anche Fritz Lang con il suo Metropolis, direi un'opera fortemente immanente (anche se contaminata, qua e là, anche dai caratteri tipici della trascendenza: si veda il tema tipicamente espressionista del doppio, così come quello della rivelazione, in una dimensione onirica che sembra, tradendo proprio queste stesse tesi fantascientifiche, rifuggire totalmente la realtà per andare a risiedere in dimensioni più elevate e meno decifrabili dell'animo umano), sia riuscito a fare.

Comunque, senza dilungarsi troppo, basti ricordare film quali Il pianeta delle scimmie di J. F. Shaffner, Zerdoz di J. Boorman (anch'esso, in realtà, affetto dai germi - nell'accezione non negativa del termine - della trascendenza), Arancia meccanica, di S. Kubrick, Lo squalo, di S. Spielberg, Jurassic Park di S. Spielberg, per comprendere come il fulcro della fantascienza intesa come "idea immanente" sia effettivamente l'essere umano proiettato nella sua accezione sociale. Metropolis o Zerdoz (e, forse, anche se in maniera inferiore, anche un Conquest di Lucio Fulci, volendo citare una volta tanto un'opera italiana, in questo oceano tutto anglo-americano) si propongono di denunciare, più che di interrogarsi. Così come fa anche Il pianeta delle scimmie, tanto nella versione originale, ad opera di F. J. Shaffner, quanto nel remake di T. Burton del 2001. In questi film è analizzato il comportamento dell'uomo, spesso la sua sete di dominio, le sue contraddizoni più forti, nella contrapposizione ad una natura, un Mondo esterno che stenta ad essere dominato. Temi carissimi allo stesso Boorman, che riprenderà attraverso altri "generi", in opere quali Un tranquillo week end di paura o La foresta di smeraldo, ma che tuttavia trovano in questa Fantascienza, così attenta al problema sociale, al contesto e all'aspetto esteriore (o estetico) dei concetti che elabora, il tramite migliore per esere trattati.

In che cosa si differenzia 2001 di S. Kubrick (e con esso, una miriade di altri film) rispetto a queste opere?
E' innegabile che in questa pellicola il centro del discorso sia sempre e comunque l'essere umano. E non si può nascondere il fatto che quello che Kubrick compie sia effetivamente un viaggio, una vera e propria Odissea, appunto.
Ma seppur ancora una volta risulti evidente che aggrapparsi ed affidarsi ciecamente alle catalogazioni per "generi" sia abbastanza fuorviante, nella misura in cui certe considerazioni che si stanno facendo risultano talvota contradditorie, quando la trascendenza riscontrata qui, può essere contaddetta da forti rimandi all'immanenza (si veda il contesto corale, fortemente sociale, della prima sequenza, in cui non conta il singolo, ma il gruppo)...beh...nonostante questo, dicevo, può dirsi che l'attenzione del regista sia maggiormente puntata sulle zone inesporate dell'etica, non della ragione, ma del mistero. Gli stessi spazi insondabili che David Lynch è capace di sviscerare in maniera sublime attraverso altri generi, forse in maniera pessima proprio tramite un'opera quale Dune, che all'apparenza risponderebbe ai caratteri del film di Kubrick.

Insomma, 2001 è la trascendenza, la deificazione, santificazione dell'uomo, che è e rimane il fulcro dell'opera, l'idea di partenza e quella finale. Ma tale assunto non va preso alla lettera e necessita di specificazioni, come quella poc'anzi fatta, che si dilunga - non futilmente - sul carattere "sociale" dei primi dieci minuti del film.
Ma tale dicotomia è in realtà la stessa che poi da un senso di tascendenza al film, lo stesso che parrebbe vagamente impregnare anche i fotogrammi di Zerdoz: da una parte c'è l'uomo, finito, morto. Dall'altra c'è il genere umano, infinito, dominatore.
Il ciclo morte-vita-morte si ribalta, in Kubrick, per divenire vita-morte-vita, tendendo a celebrare l'essere umano, proprio come un essere trascendente. Il feto nell'inquadratura finale soprassiede all'esistenza del singolo astonauta. L'uomo si ripropone a se stesso. L'uomo diventa il Dio degli uomini, assecdonando, probabilmente, senza nemmeno saperlo, il concetto di "Religione dei diritti" teorizzato da Emile Durkheim, che propprio in vista di un prossimo esame sto studiando.
E' questo, in ogni caso, il concetto di trascendenza di 2001, che lo allontana evidentemente da opere quali Jurassic Park di Spielberg (ma prima ancora, di Chrichton, che ha saputo, sulle pagine, tadurre in parole concetti che Spielgerg ha omesso di fare nel suo film): qui l'uomo dominatore cessa di esistere, sopraffatto da una natura che invece si rivelerà dominare l'uomo. Come accade anche in Zerdoz di Boorman.
In 2001, invece, la contrapposizione principale è quella fra singolo individuo e genere umano. L'esplorazione di quegli spazi insondabili della coscienza individuale - traducibili anche in metafora cinefila e cinematografica, per cui l'occhio artificiale (il Cineocchio) si addentra e si avventura in dimensioni parallele, scomponendo e scindendo il significato dal significante ed aprendo così un varco fra il mezzo (Cinema) e l'oggetto (la realtà) - portano l'uomo a scoprire di non essere altro che il prodotto di se stesso, nella sua accezione generale, collettiva. L'essere umano è, in 2001, viaggiatore attonito, stupito, schiacciato dal peso della scoperta, che apprende di essere limitato, già tracciato o desegntao nel futuro, vecchio, steso in un letto a scandire gli ultimi istanti della sua esistenza. Il genere umano, invece, ha vita eterna.
Così si determina quella separazione netta che opera Kubrick nella sua opera, che è quella fra vita e Storia.

Se nei primi dieci minuti di film un gruppo di scimmie è incapace di evolversi, non fa nulla per incrementare e per aiutare la propria specie, tanne che nell'ultima inquadratura di quella sequenza, in cui un individuo scopre un modo nuovo di "utilizzare" la natura circostante....Quello stacco millenario - storico, di per sè - ci fa comprendere come l'evoluzione della specie sia avvenuta per mezzo di singole unità che hanno represso ed accantonato la propria dignità, servilmente in ossequio al genere di appartenenza.
Così l'uomo diventa fedele e Dio, allo stesso tempo. Si ripropone all'infinito, in un circolo vizioso che non fornisce una benché minima possibilità di riscatto.

In questo senso, allora, può dirsi che 2001 - Odissea nello Spazio sia davvero un'opera di religione utopica: la ricerca costante della propria origine, la realizzazione personale, il dominio dello Spazio e l'onniscenza inversamente proprorzionali all'auto conoscenza, la tensione all'infinito e la smentita immdiata tramite la rivelazione del limite (dell'individuo), attraverso la prostrazione e l'eterno servilismo. L'uomo che si ripropone all'infinito, in un perpetuo moto circolare (insistito per tutto il film), il "superomismo" che prende nettamente le distanze da quello boormiano, il quale invece termina, definitivamente, in una sconfitta non solo individuale, ma anche generale, collettiva, sociale.




Già pubblicato sul mio blog.

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L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

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Jerry88

Reg.: 12 Mar 2007
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Da: L'Aquila (AQ)
Inviato: 27-06-2008 20:31  


[ Questo messaggio è stato modificato da: Jerry88 il 17-08-2008 alle 01:14 ]

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Jerry88

Reg.: 12 Mar 2007
Messaggi: 2130
Da: L'Aquila (AQ)
Inviato: 27-06-2008 20:54  


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Skizotrois

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Inviato: 28-06-2008 14:44  
Bravo Rich

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"Saremmo voluti rimanere nella spensieratezza della nostra età, ma la vita ci fece crescere in fretta"

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Richmondo

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Da: Genova (GE)
Inviato: 04-07-2008 10:54  
"2001 - Odissea nello Spazio": il relativismo della forma




Religione utopica significa, in definitiva, che si sta parlando di un film che tende in ogni modo all'infinito, in ogni sua forma, cifra e significato. Nulla è isolato, nell'opera di Kubrick, ma si riproduce innumerevoli volte, ciclicamente e costantemente: dai movimenti, ai tratti grafici, dalle musiche ai silenzi. 2001 è una perpetua ricerca della meta, di una realizzazione dell'individuo nell'in(de)finito del tempo, dello spazio e della specie. Il risultato lo conoscamo tutti: manca, a tutti gli effetti, una meta finale, ma si riproduce con inquietante puntualità solamente la Storia dell'evoluzione, in un incomprensibile gioco di progresso/regresso, in un processo impercettibile di autoproiezione, nella scoperta atroce - del tutto simile alla conculsione del capolavoro letterario di G. Garcia Marquez, Cent'anni di solitudine - di un relativismo formale e di un rigore, al contempo, tutto deterministico degli eventi, che soprassiedono l'uomo e ad esso si palesano con devastante fatalità.

Questa ricerca evolutiva, questa realizzazione che porta lo scienziato a ricercare se stesso, sfidando le "sirene" proprio come faceva Ulisse nell'Odissea omerica, conduce alla scoperta di un punto di non ritorno, sfonda le barriere del destino e coglie il signifcato della vita, la quale, come vedremo, è a tutti gl effetti priva di significato per l'individuo, ma si vota in tutto e per tutto alla sopravvivenza della specie.

In questo senso, ogni scoperta scientifica, ogni salto evolutivo, avvengono non per migliorare l'esistenza del singolo, ma per protrarre quel ciclo infinito, diluito, che si ripete senza che nemmeno lo si possa riscontrare: in effetti, in questo senso, la religione utopica di 2001 risponde ai caratteri del tutto naturali della vita, in cui questo ciclo sembra rpetersi all'infinito: la Terra gira intorno al Sole, in un moto perpetuo che pare non conoscere vie d'uscita. La vita conduce sempre alla morte. Il particolare conduce sempre all'universale. Il significante conduce sempre al significato. Provare a sovvertire quest'ordine equivale ad addentrarsi in una sfida senza uscita, che potrebbe condurre a scoperte sconfortanti, quale quella di un'involuzione comunque già scritta, già programmata, già avviata: un ritorno alle origini.

Allora la religione utopica di 2001 si traduce, nelle immagini, nel relativismo formale più spinto, più insistito: tutto rimanda, in questo film, alla dimensione impossibile di Maurits Escher: ogni concetto, ogni approdo della scienza, ogni meta conquistata cede all'incertezza e la vita diventa un balletto, seppur armonioso, totalmente inconsapevole, in balia di una ripetizione ciclica che della "grande evoluzione" ha solo le sibilline sembianze.
Il Danubio blu di Strauss accompagna dolcemente questa danza dell'evoluzone/involuzione: è la musica "illumnista" per eccellenza.

Significativa è, fra le tante, la sequenza del viaggio nell'assoluto, che segue immediatamente quello stacco millenario in cui il simbolo della violenza animale, recante l'aspetto della natura che continua comunque a dominare l'uomo (scimmia), porta allo strumento più elegante, innaturale che ci sia, cioè un satellite che fluttua nello spazio infinito, che dà immediatamente la sensazione di veder rappresentato un potere illimitato, un dominio assoluto e dell'assoluto, da parte di un essere umano ormai completamente realizzato. L'osso vola, ma necessariamente cede alla legge di gravità, precipitando, riabbattendosi con travolgente potenza sullo stesso soggetto che, lanciandolo, ha comunque salito un gradino dell'evoluzione. Nonostante questo lieve progresso, la Natura continua a dominare l'Uomo e proprio l'evoluzione è avvenuta per volontà (o per andamento inconfutabile degli eventi) di un Monolito che, a sconda delle interpretazioni, può rappresentare un punto di svolta, un testimone, quando non proprio il volere e la soggezione alla Natura o all'infinito.
Il satellite, per contro, non cede alla forza di gravità. Fluttua e galleggia nello spazio, con eleganza suprema. Il dominio dell'uomo è segnato da un passaggio millenario, sintetizzato in due inquadrature: l'uomo assoggettato alle leggi della natura. L'uomo imperturbabile di fronte alle leggi della natura.

Tutto questo, dicevo, si racchiude, però, già in un percorso ciclico, un moto perpetuo che indica una situazione senza sbocchi.
D'ora in avanti, ciè che era sempre stato, in un paesaggio primitivo e svuotato di vita quale era quello inziale, non è più. Se prima avevamo comunque certezze e punti fermi, adesso è la distorsione geometrica più esagerata ad aver preso il sopravvento: l'evoluzione dell'uomo ha portato quest'ultimo a perdersi in un relativismo che allontana le sue stesse tesi certe e sicure dalla verità assoluta.
Il balletto all'interno dell'astronave, in cui lo scienziato è colto a un torpido sonno (non a caso), mentre quel ciclo di evoluzione/involuzione continua a compiere il suo corso, mentre una donna si muove lentamente, a passo di "danza", sulle note "sapienti" del walzer di Strauss, ogni ordine ed ogni criterio logico viene totalmente sovvertito.
Ogni forma ed ogni contorno risulta incerto: l'hostess della compagnia di navigazione, che vediamo afferrare una penna in balia dell'assenza di gravità, cammina ora sulle pareti, assecondando sempre quel moto circolare, cambia posizione, stravolge il senso e la logica della geometia spaziale.

Come del resto amava fare anche il celebre pittore Mauritz Escehr, Kubrick riproduce solamente l'onnipotenza dell'uomo nello spazio, che tuttavia si tramuta in incertezza e relatività: la dimensione impossibile del progresso:


Esher /Kubrick







Già pubblicato sul mio blog.
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Tenenbaum

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Inviato: 04-07-2008 12:00  
quote:
In data 2008-07-04 10:54, Richmondo scrive:

Il Danubio blu di Strauss accompagna dolcemente questa danza dell'evoluzone/involuzione: è la musica "illumnista" per eccellenza.


questa affermazione mi lascia perplesso
non so se mi sfugga qualcosa in relazione alla composizione musicale


quote:
In data 2008-07-04 10:54, Richmondo scrive:
[ insistito: tutto rimanda, in questo filmb]"2001 - Odissea nello

Significativa è, fra le tante, la sequenza del viaggio nell'assoluto, che segue immediatamente quello stacco millenario in cui il simbolo della violenza animale, recante l'aspetto della natura che continua comunque a dominare l'uomo (scimmia), porta allo strumento più elegante, innaturale che ci sia, cioè un satellite che fluttua nello spazio infinito, che dà immediatamente la sensazione di veder rappresentato un potere illimitato, un dominio assoluto e dell'assoluto, da parte di un essere umano ormai completamente realizzato. L'osso vola, ma necessariamente cede alla legge di gravità, precipitando, riabbattendosi con travolgente potenza sullo stesso soggetto che, lanciandolo, ha comunque salito un gradino dell'evoluzione.


io continuo a prediligere la semplicità dei concetti
lo stacco è una meravigliosa sequenza nella quale in un attimo trascorrono migliaia di anni di evoluzione
il primo strumento (l’osso), l’ultimo (la nave spaziale)
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Richmondo

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Non credo che dalla possibile semplicità dei concetti sia preclus ogni possiile interpretazione, la quale non si è mai detto debba essere ncessariamente stata concepita dal regista.
Probabilmente Kubrick avrà anche voluto rapresentare colamente ciò che dici.
Ma di fatto ciò che è reppresentato e ciò che è visibile cela misteri e molteplici significati.
E del resto fu poprio Kubrick a dire che il suo film non voleva arrovellarsi su meta-significati incomprensiili ma, al contrario, porsi nelle mani di spettatori ed interpreti per essere letto a seconda dei casi o deip pareri soggettivi.
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Fakuser

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quote:
In data 2008-07-04 12:00, Tenenbaum scrive:
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In data 2008-07-04 10:54, Richmondo scrive:

Il Danubio blu di Strauss accompagna dolcemente questa danza dell'evoluzone/involuzione: è la musica "illumnista" per eccellenza.


questa affermazione mi lascia perplesso
non so se mi sfugga qualcosa in relazione alla composizione musicale


quote:
In data 2008-07-04 10:54, Richmondo scrive:
[ insistito: tutto rimanda, in questo filmb]"2001 - Odissea nello

Significativa è, fra le tante, la sequenza del viaggio nell'assoluto, che segue immediatamente quello stacco millenario in cui il simbolo della violenza animale, recante l'aspetto della natura che continua comunque a dominare l'uomo (scimmia), porta allo strumento più elegante, innaturale che ci sia, cioè un satellite che fluttua nello spazio infinito, che dà immediatamente la sensazione di veder rappresentato un potere illimitato, un dominio assoluto e dell'assoluto, da parte di un essere umano ormai completamente realizzato. L'osso vola, ma necessariamente cede alla legge di gravità, precipitando, riabbattendosi con travolgente potenza sullo stesso soggetto che, lanciandolo, ha comunque salito un gradino dell'evoluzione.


io continuo a prediligere la semplicità dei concetti
lo stacco è una meravigliosa sequenza nella quale in un attimo trascorrono migliaia di anni di evoluzione
il primo strumento (l’osso), l’ultimo (la nave spaziale)




a me sinceramente questi paiono concetti sin troppo semplificatori.

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Inviato: 04-07-2008 13:07  
quote:
In data 2008-07-04 13:06, Fakuser scrive:
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In data 2008-07-04 12:00, Tenenbaum scrive:
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In data 2008-07-04 10:54, Richmondo scrive:

Il Danubio blu di Strauss accompagna dolcemente questa danza dell'evoluzone/involuzione: è la musica "illumnista" per eccellenza.


questa affermazione mi lascia perplesso
non so se mi sfugga qualcosa in relazione alla composizione musicale


quote:
In data 2008-07-04 10:54, Richmondo scrive:
[ insistito: tutto rimanda, in questo filmb]"2001 - Odissea nello

Significativa è, fra le tante, la sequenza del viaggio nell'assoluto, che segue immediatamente quello stacco millenario in cui il simbolo della violenza animale, recante l'aspetto della natura che continua comunque a dominare l'uomo (scimmia), porta allo strumento più elegante, innaturale che ci sia, cioè un satellite che fluttua nello spazio infinito, che dà immediatamente la sensazione di veder rappresentato un potere illimitato, un dominio assoluto e dell'assoluto, da parte di un essere umano ormai completamente realizzato. L'osso vola, ma necessariamente cede alla legge di gravità, precipitando, riabbattendosi con travolgente potenza sullo stesso soggetto che, lanciandolo, ha comunque salito un gradino dell'evoluzione.


io continuo a prediligere la semplicità dei concetti
lo stacco è una meravigliosa sequenza nella quale in un attimo trascorrono migliaia di anni di evoluzione
il primo strumento (l’osso), l’ultimo (la nave spaziale)




a me sinceramente questi paiono concetti sin troppo semplificatori.

Se sei abituato ai Vanzina, nessun problema, ma non obiettare pizze con torte.




Diciamo che probabilmente ha pensato che i mei post fossero pizze contorte.
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Tenenbaum

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Inviato: 04-07-2008 13:58  
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In data 2008-07-04 12:35, Richmondo scrive:
Non credo che dalla possibile semplicità dei concetti sia preclus ogni possiile interpretazione, la quale non si è mai detto debba essere ncessariamente stata concepita dal regista.
Probabilmente Kubrick avrà anche voluto rapresentare colamente ciò che dici.
Ma di fatto ciò che è reppresentato e ciò che è visibile cela misteri e molteplici significati.
E del resto fu poprio Kubrick a dire che il suo film non voleva arrovellarsi su meta-significati incomprensiili ma, al contrario, porsi nelle mani di spettatori ed interpreti per essere letto a seconda dei casi o deip pareri soggettivi.


vedi la libertà di interpretazione non deve far scaturire deliri

con questo non voglio dire che i tuoi siano deliri
tuttavia la tua analisi se pur apprezzabile alla fine mi pare quantomeno inutile

del resto ancora non capisco come sei riuscito a definire "illuminista" una musica scritta cento anni dopo la corrente culturale da te citata

sarà libertà di interpretazione ?
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Inviato: 04-07-2008 13:59  
quote:
In data 2008-07-04 13:06, Fakuser scrive:
a me sinceramente questi paiono concetti sin troppo semplificatori.

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